Capitoli precedenti:
Qualcosa di Semplice – I capitolo
Qualcosa di Semplice – II capitolo
Qualcosa di semplice – III capitolo
Qualcosa di semplice – IV capitolo
Qualcosa di semplice – V capitolo
Il viaggio in Africa
***
Albert non avrebbe potuto mai immaginare tutto quello che sarebbe accaduto a Londra e dopo. Dentro di sé credeva di fare del suo meglio per la famiglia e per Candy, ma continuava a sentirsi turbato. Dopo la morte di Anthony si sentiva in difetto verso i suoi cari. Provava nuovamente un profondo malessere interiore, incapace di garantire ai suoi famigliari la giusta serenità… con chi avrebbe dovuto prendersela, con Dio? Ancora una volta solo i suoi animali e la natura erano in grado di alleviare il suo animo così afflitto. Aveva creduto di essere diventato più forte dopo la perdita di Rosemary, ma la tragedia della morte di Anthony aveva scavato un nuovo solco nel suo cuore. Era così ingiusto! Anthony era un ragazzo gentile ed intelligente, amava le rose come sua madre e sua nonna, la madre di Albert e Rosemary. Desiderava solo diventare grande e… amare Candy.
– Amare Candy… – si era ripetuto Albert guardando fuori dalla piccola finestra del suo monolocale. Aveva preso una caraffa di vetro e si era avvicinato al rubinetto della cucina per prendere un po’ d’acqua e annaffiare il vaso di rose bianche che aveva sul davanzale. La pentola con la zuppa che aveva sulla stufa intanto continuava a fare i suoi gorgheggi. Fuori dalla finestra il suo sguardo si perdeva tra i tetti color mattone della città, sovrastati da un cielo grigio che contribuiva ad aumentare la sua cupezza interiore. Aveva preso tra le dita un bocciolo di rose, lo aveva annusato respirando profondamente il suo delicato profumo.
I giorni a Londra avevano continuato a susseguirsi con una serenità apparente, durante una primavera particolarmente mite e che a volte metteva in mostra uno splendido sole, proprio come era accaduto in quel pomeriggio di giugno, quando Stair, Archie, Candy e il nuovo gruppo di amici era andato a trovarlo allo Zoo. I ragazzi non vedevano l’ora di assaporare un po’ di libertà dopo un anno nella severa scuola gestita dall’ancor più severa Suor Gray. Il loro entusiasmo per le vacanze imminenti era così contagioso da provocare in Albert lo stesso loro desiderio di partire. Guardandoli si era convinto di aver preso le decisioni giuste: Archie, Stair e Candy erano più sereni e ora ridevano spesso. Gli avevano raccontato le prodezze di Candy con gli abiti di Romeo durante la Festa di Maggio, poi le malefatte dei soliti Neal ed Eliza e l’immagine della festa, piena di fiori e ragazzi sorridenti, finalmente lo aveva rasserenato. Annie e Patty poi erano due amiche altrettanto preziose per Candy che ora aveva al fianco ben tre cavalieri pronti a difenderla e proteggerla: Stair, Archie e… e Terence. Candy aveva un’influenza positiva su tutti loro e Albert capiva perché tutti fossero così attratti da lei. Era lo stesso successo a lui dalla prima volta che l’aveva incontrata, desiderare di renderla felice. Quando la sera era rimasto solo dopo aver concluso il giro per dare da mangiare agli animali, si era recato al parco. La sera avanzava e sdraiato sull’erba aveva iniziato a chiedersi se Candy avesse ancora bisogno di lui. Cosa provava lei per quel ragazzo, Terence? Non poteva mentire a se stesso, soprattutto dopo averli visti ancora insieme. Aveva iniziato a sentirsi chiuso in una gabbia, esattamente come i suoi animali. Dopo che i guardiacaccia degli Ardlay lo avevano trovato nella baita di Lakewood, era dovuto scappare mentre i suoi animali erano stati catturati e poi imbarcati per lo Zoo Blue River. Anche lui si era imbarcato di nascosto su quella stessa nave, aveva bisogno di stare con loro e assicurarsi che stessero bene. Ora era certo che si fossero ambientati e che lo zoo era un posto accettabile, perlomeno le persone che aveva conosciuto e che si prendevano cura di loro erano sinceramente affezionate a tutte quelle bestiole. Non poteva fare altro per i suoi animali, anche se con dispiacere, si era reso conto di non tollerare più di stare in quel luogo pieno di sbarre. Nei giorni seguenti, una volta concluso il suo lavoro come William Ardlay e sistemati gli affari di famiglia, almeno per quella fase, aveva lasciato il lavoro allo Zoo Blue River e il monolocale. Prima di decidere di partire per l’Africa aveva trascorso del tempo nella residenza familiare scozzese, dove erano nati molti suoi predecessori, molti altri William Ardlay. In quei luoghi si sentiva a casa, ne era sempre stato attratto. I boschi, i fiumi, i laghi, le scogliere a picco sul mare. Una natura intensa e faticosa, ma di una bellezza che ti conquista per sempre. Lì in quella casa aveva imparato a suonare la cornamusa così bene insieme ad altri bambini del villaggio, lì aveva trascorso tanti momenti spensierati con Rosemary ed il padre. Ma le scuole stavano per finire e presto sarebbe arrivata in Scozia anche la prozia Elroy. Non poteva fermarsi a lungo perché voleva evitare di incontrarla. Nella sua stanza poggiò il suo sacco. Poupe si era subito sistemata su una comoda poltrona. L’unico oggetto che aveva portato con sé da Londra era poggiato sull’ampia scrivania. Il quadro di Slim. Con le braccia aperte sopra la scrivania lo sovrastava. Aveva iniziato a fissarlo e poteva facilmente immaginare di avere accanto Candy sdraiata in quel manto erboso e vicina a lui come era accaduto alcuni anni prima. Immaginava di vederla uscire dal vecchio portone in legno della Casa di Pony e correre sopra la collina veloce come una pallottola. Quella bambina ora era diventata una splendida ragazza, Candy era cresciuta e maturata dopo la morte di Anthony e quell’adolescente in kilt era diventato un giovane uomo. Albert fu invaso da una emozione intensa e indefinibile ripensando a quando aveva trovato il dipinto della Collina di Pony e poi la sera inaspettatamente aveva incontrato proprio Candy nelle strade di Londra. Qualcosa di misterioso e forte li portava sempre uno verso l’altra.
Albert aveva sorriso immaginando il suo stupore il giorno in cui avrebbe potuto donarle quel quadro, perché sapeva che sarebbe accaduto. Slim: la firma sul dipinto. Chi era? E cosa aveva a che fare con la Casa di Pony?
Dopo essersi cambiato i vestiti, Albert aveva deciso di fare una passeggiata e così era uscito dalla villa. Era arrivato al fiume attiguo al parco della residenza e si era sdraiato sulla riva. Aveva chiuso gli occhi e si era lasciato accarezzare dal sole sempre più caldo. Era rimasto assorto finché convinto non si era tirato su con le braccia. Aveva preso la sua decisione: doveva misurarsi con se stesso e avrebbe dovuto farlo completamente da solo. Se ne avesse parlato con Georges di questo suo desiderio di partire in viaggio per la sua amata Africa, era sicuro che glielo avrebbe impedito. Per non parlare della zia Elroy che faticava a comprenderlo ma che comunque non desiderava deludere.
– Starò via solo pochi mesi – si era ripetuto. Aveva desiderato andare in Africa da quando l’aveva studiata sui libri la prima volta. Non voleva andarci come turista però, ma per dedicarsi agli altri e scoprire la natura di quei luoghi così diversi dal posto in cui viveva. Partire. Era quello per lui un modo per affrontare se stesso e conoscere le sue emozioni; chi voleva essere davvero? Per quanto tempo ancora avrebbe potuto fingere sulla sua vera identità? Quelle maschere che sapeva di indossare diventavano sempre più pesanti, ma gli permettevano anche di essere, con le persone a lui più care, solo Albert. Era un giovane uomo di 25 anni, quali sentimenti albergavano nel suo cuore? Voleva scoprirlo.
Durante quei brevi giorni nella residenza scozzese, aveva passato il tempo a costruire una bellissima cornice per il dipinto della Collina di Pony che aveva poi consegnato a Georges affinché lo custodisse e lo tenesse fuori da occhi indiscreti. Così era partito con Poupe, di nascosto e sacco in spalla, in un giorno di fine primavera. Non aveva salutato Candy, ma si era ripromesso di scriverle presto.
– Non so cosa mi aspettassi davvero da quel viaggio in Africa, dimenticare o conoscere? –
Si domanda seguendo il filo dei suoi pensieri.
E lì in quella meravigliosa terra aveva scoperto di non riuscire a non pensare a lei.
Aveva presto iniziato a lavorare in un ambulatorio medico, servivano sempre dei volontari al villaggio e la sera aveva l’abitudine di fare lunghe passeggiate sulla spiaggia. Lui, abituato soprattutto a boschi, laghi e fiumi, provava per quel mare una meraviglia incontenibile. Non era raro vedere sbucare dall’acqua delle testoline, erano le tartarughe marine. Attratto da tanta bellezza si tuffava in quel mare turchese e nuotava tra pesciolini coloratissimi e splendidi coralli. Rimaneva incantato ad osservare sott’acqua i colori del mare. Le spiagge invece erano piene di conchiglie che raccoglieva insieme a Poupe, che aveva scoperto avere una vera passione per loro.
Trascorreva assorto ore sotto le palme e aveva iniziato a chiedersi, mentre ammirava i colori del mare al tramonto, quali fossero i suoi sentimenti per Candy. Lei aveva solo 14 anni! Perché sapeva di provare per lei un sentimento diverso, intimo e speciale. Inoltre era la sua protetta. Era stata l’unica a cui aveva scritto, perché voleva tranquillizzarla. Candy non poteva aspettarsi di non trovarlo al suo rientro dalle vacanze estive in Scozia. Albert non avrebbe voluto partire improvvisamente, desiderava solo che lei stesse bene, soprattutto desiderava scriverle di non pensare che ci sarebbe potuto mai essere un addio definitivo tra loro. Le aveva raccontato anche di aver incontrato un’infermiera americana di quasi vent’anni. Lavoravano spesso insieme in ambulatorio e si, sapeva bene che in quella lettera in realtà voleva anche suggerirle che avrebbe voluto lei fosse li con lui. Ma non poteva scriverle che immaginava lei al posto di quell’infermiera.
Il tempo, solo il tempo pensava, avrebbe forse potuto un giorno cambiare le cose. Forse. Non poteva fare altro che restare in disparte, vegliare su di lei con discrezione e continuare a proteggerla. Ma il destino aveva già un piano per lui e per il mondo e mentre le settimane si susseguivano, l’ Africa con la sua struggente bellezza e con la sua natura implacabile, plasmava la sua anima e lo faceva crescere. Imparando a guardare oltre quell’orizzonte sconfinato della savana dorata o del mare azzurro, aveva imparato anche a non temere più la vertigine del vuoto e della solitudine. Aveva la forza per affrontare le sue emozioni più profonde, accoglierle e conviverci. Albert aveva capito ancora una volta che non poteva dimenticare chi fosse. In qualunque posto del mondo, vicino o lontano da Lakewood, lui era William Albert Ardlay. Si era preso delle responsabilità verso tante persone e l’unico modo per trovare serenità era riuscire a integrare la sua vera indole ed i suoi sentimenti, con ciò che era il ruolo ricevuto per nascita. In quei mesi aveva vissuto a contatto con la gente del posto e aveva fatto tesoro di quella esperienza.
Il villaggio in cui lavorava somigliava più ad una grande famiglia, nessuno abbandonava mai nessuno. Tutti condividevano tutto, il poco cibo, la poca acqua, la sofferenza, la gioia. Avevano tradizioni che a volte apparivano feroci, come l’iniziazione dei giovani ad esempio. A 13 o 14 anni dovevano dimostrare di essere degni di essere considerati degli adulti per poi avere un posto nella loro piccola società. Aveva capito quanto per loro fosse importante rispettare le tradizioni degli adulti ed essere accettati, non li giudicava anzi… ma per Albert significava sopratutto indossare delle catene; eppure si rendeva conto che doveva esserci un punto d’incontro tra le proprie responsabilità sociali e familiari, ciò che si aspettavano da lui e essere se stesso.
Era la sua vita, lui aveva il dovere di scegliere ciò che davvero lo rendeva felice. Non c’erano solo due scelte da fare, subire o scappare, entrambe poi erano decisioni che avrebbero portato sofferenza. Amava la sua famiglia e aveva iniziato a provare dispiacere per essere sparito in quel modo. Era consapevole che si sarebbero tremendamente preoccupati per lui e Georges in particolar modo, non meritava quel trattamento. Si sentiva in colpa per il suo egoismo e mentre in Europa lo spettro della guerra avanzava, aveva deciso di contattare Georges e di tornare in Inghilterra e poi in America; il suo viaggio in solitaria con Poupe era terminato.
Continua…
Altro bel capitolo October, nel quale descrivi i sentimenti che spingono Albert ad allontanarsi dal Regno Unito per recarsi in Africa. Andare li, fa parte infatti, del suo processo di crescita interiore, della ricerca di se stesso, della volontà di riuscire a conciliare il proprio io indipendente con il senso del dovere e il rispetto per la famiglia, profondamente radicato in se.
Dell’ Africa si dice che ti entri dentro e che quando te ne allontani finisci per portarti dietro una nostalgia quasi patologica, il mal d’Africa, che ti spinge sempre a tornarci. Penso che anche per Albert sia così, non fatico a credere che per un giovane amante della libertà e della natura come lui, quel continente eserciti una profonda attrazione e che il periodo che decide di trascorrervi, rompendo praticamente i rapporti con tutti, compreso Georges, sia per lui liberatorio e formativo.
Mi è piaciuto che, durante quel soggiorno, tu lo abbia fatto riflettere tanto anche su Candy. E’ molto interessante perché da ciò che scrivi comprendo che nella tua interpretazione del personaggio Albert è già molto vicino a dare il nome “amore” al sentimento ancora un po’ confuso, che nutre per questa ragazza. E’ turbato e si interroga su cosa sente veramente per lei, perché è ancora piuttosto consistente la differenza di età che li separa, un divario che andrà colmandosi man mano che gli anni passeranno e Candy diventerà una donna, però è già chiaro come Albert senta un’attrazione per Candy che sa di predestinazione. E ciò è abbastanza logico visto come si sono conosciuti sulla collina di Pony, come si sono ritrovati alla cascata e riconosciuti, lui almeno ha riconosciuto lei, grazie alla spilla persa al loro primo incontro; ed infine il modo in cui si sono ritrovati a Londra e il quadro di Slim.
Mi piace molto anche lo spostamento di ambientazione in Scozia, nella villa degli Ardlay, dove Albert crea la cornice fatta a mano per il quadro che poi però consegna a Georges da custodire, nell’attesa che possa essere donato a colei alla quale è sempre stato destinato.
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Grazie Cinzia. Georges per me ha un ruolo sempre attivo per tutto ciò che riguarda la Collina di Pony. Nel quadro di Slim in fin dei conti, ad un certo punto c’era anche lui! 😁
Per Albert hai descritto perfettamente la mia visione di ciò che mi ha trasmesso Nagita col suo personaggio. ❤️
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