Capitoli precedenti:
Qualcosa di semplice I capitolo
Qualcosa di semplice – II Capitolo
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Lakewood, primavera del 1918
– Sir William – disse Georges con tono stranamente impaziente – la Signorina Candy sta arrivando. –
Albert era intento a sistemare alcuni i libri sugli scaffali della libreria del suo studio e sfogliandone uno si girò verso di lui perplesso.
– Scusami, Candy sta venendo qui a Lakewood? A trovare i ragazzi? Ma non sono a Chicago?-
– Sta venendo qui perché le ho detto dove trovarla, dove trovare il prozio William – disse imperturbabile.
Albert rimase imbambolato a quelle parole. Dopo un attimo poggiò il libro che aveva in mano sulla grande scrivania che dominava la stanza:
– Georges! – disse visibilmente alterato – Sa chi sono? Ma perché glielo hai detto?-
– Non le ho detto chi è lei, ma solo dove trovarla. Spetta a lei Sir William dirle chi è.-
Georges gli spiegò la strana faccenda del fidanzamento, di Neal, di cosa avesse deciso la prozia Elroy.
– Ho creduto di fare bene Signor William, credo sia giunto il momento che lei renda pubblico il suo ruolo in famiglia. –
– Non spettava a te prendere questa decisione! –
Albert era seccato. Non riusciva a credere che la zia Elroy si fosse spinta a tanto, organizzare un fidanzamento tra Neal e Candy! Se non fosse stato così irritato si sarebbe messo a ridere. Ma non era quello che lo preoccupava, nemmeno rivelarsi alla sua famiglia lo era, ma dover rivelare a Candy chi era in realtà Albert. Aveva lasciato la Casa della Magnolia da diversi giorni e non era stato facile rivestire nuovamente i panni di William A. Ardlay, gli mancava tutto della sua “precedente” vita con lei. E desiderava tanto vederla.
– Certo Signor William che spettava a lei decidere!- rispose Georges iniziando ad alterarsi lui stesso – ma probabilmente è qualcosa che le pesa troppo fare, non è vero? Quindi meglio aspettare, rimandare, magari sparire un’altra volta in qualche altro punto lontano del mondo! –
Albert non aveva mai visto Georges così arrabbiato da rispondergli in quel modo.
– Nascondersi, nascondere le sue vere emozioni, corretto? “lo faccio per il bene di Candy”, una scusa la sua mi permetta di dirle – aggiunse imperterrito.
Aveva colpito nel segno. Non era più costretto a mentire oramai, ma gli sembrava più ciò che avrebbe perso nel rivelarsi di ciò che avrebbe guadagnato.
– È più ciò che non racconta William, a farmi capire davvero quali sono i suoi sentimenti. – aggiunse con tono quasi dolce Georges – davvero vuole ancora permettere agli altri di decidere chi deve essere o chi non deve essere? Chi frequentare e chi no? Lei è William Albert Ardlay e può essere se stesso. Nulla può piegarla se lei non vorrà.
Inoltre la signorina Candy è stata a Rockstown come desiderava accadesse. L’ho seguita come mi ha chiesto di fare e poi le ho riferito tutto nei minimi dettagli. Vuole continuare a nascondersi oppure prendere in mano la sua vita senza più maschere e finzioni? –
Albert non riuscì a dire nulla e andò a sedersi alla sua scrivania. Georges probabilmente aveva fatto il discorso più lungo della sua vita e ancora una volta, a suo modo, gli fece capire quanto lui fosse importante. Tanto da esporsi in quel modo, come un padre che desiderava solo il bene del proprio figlio e più coraggio da parte sua nell’affrontare le situazioni più complesse.
– Mi hai di fatto sgridato Georges? – disse Albert.
Georges ammutolì; non era avezzo a prendersi simili confidenze con lui, ma Albert si mise subito a ridere.
– Ti chiedo scusa – disse Albert sinceramente – so di averti dato tanti grattacapi in questi anni. Hai ragione tu. Ho atteso fin troppo… oggi rivelerò a Candy la mia vera identità e poi farò una presentazione ufficiale a tutta la famiglia. D’ora in poi tutti mi conosceranno per essere William A. Ardlay. –
Georges annuì, soddisfatto. Fece un leggero inchino e uscì dalla stanza lasciandolo solo coi suoi pensieri.
Con i gomiti sull’antica scrivania, Albert congiunse le mani appoggiandole sulla fronte, come a reggere un improvviso peso. Il giorno era arrivato dunque. Si era chiesto a lungo se avesse fatto bene a non rivelare la sua identità a Candy alla Casa della Magnolia. A causa della sconsiderata idea di Neal di volerla sposare, gli eventi avevano preso una piega inaspettata. Non riusciva a biasimare Georges per aver detto a Candy dove trovare il prozio, ma temeva si sarebbe sentita tradita dalla persona che considerava il suo più caro amico. Cosa sarebbe accaduto ora che avrebbe saputo che era proprio lui il benefattore che l’aveva adottata? Come avrebbe reagito? Aveva paura, sì; aveva capito che temeva di perderla. Sapeva quanto lei gli fosse grata. Quanto lui le fosse grato per ciò che aveva fatto durante la sua malattia e quanto erano legati uno all’altra, ma lui non era stato sincero. Non era riuscito ad aprirle il suo cuore come invece aveva fatto lei, proprio come lui le aveva chiesto di fare durante il loro picnic. Avrebbe voluto farlo… aprirsi a lei, ma ogni conseguenza a cui pensava lo riempiva di insicurezza. E poi, una volta riacquistata la memoria e contattato Georges… quel diario… quel diario era arrivato nelle sue mani. Leggere di quanto fosse innamorata di Terence e sapere di quanta forza avesse avuto nel tornare in America e trovare la sua strada… Lui sapeva tutto di loro, e sì, Georges gli aveva raccontato di Rockstown, ma non poteva dimenticare le parole scritte in quel diario.
Quando era partito per l’Africa era convinto che Candy fosse serena. Sapeva che era in grado di badare a se stessa. Studiava con impegno, c’erano Stair, Archie, Annie e Patty, una ragazza conosciuta lì e dai modi gentili. E poi Terence. Dopo averli visti insieme Albert si era sentito quasi di troppo in mezzo a quei ragazzi anche se tutti gli volevano bene. Per questo forse si sentiva a disagio, non solo per la differenza d’età, ma perché non poteva davvero essere sincero con loro.
Aveva incontrato Terence la prima volta mentre gironzolava per le vie di Londra. Sentendo delle voci concitate, si era fermato vedendo alcuni brutti ceffi fuori da un bar mentre prendevano a cazzotti un ragazzo. Era chiaro fosse ubriaco e arrabbiato, ma era soprattutto solo contro tutti gli altri. Albert non aveva potuto fare a meno di difendere quel ragazzino e se non fosse intervenuto quella notte, sarebbe potuta finire male per Terence, molto male.
Gliele aveva suonate a quei brutti ceffi che erano alla fine scappati come codardi.
Da terra Terence, con il viso insanguinato ma la mente lucida, si era messo ad osservare quel giovane con gli occhiali scuri nonostante fosse notte, i pugni chiusi e una piega delle labbra che tradiva la sua rabbia. Provava molta gratitudine per essere stato difeso. Il suo gesto era stato provvidenziale.
Assicurandosi che quei tipi fossero lontani, Albert aveva abbassato il suo sguardo su di lui e aveva sorriso subito alzando gli occhiali sulla nuca, fissandolo dritto negli occhi e tendendogli la mano: “Ti aiuto a tirarti su, ce la fai?” gli aveva chiesto con gentilezza. Terence non aveva potuto fare altro che prendere quella mano. In seguito si era facilmente legato a lui forse perché c’era qualcosa in Albert che gli trasmetteva sicurezza e fiducia.
Quando lo aveva riportato alla Saint Paul School, sapeva che in quel college c’erano anche i ragazzi e Candy. In quel breve tragitto avevano scambiato qualche parola e si erano presentati; Terence, zoppicante, lo aveva ringraziato per il suo aiuto e gli aveva chiesto se avesse potuto andare a trovarlo allo Zoo dove lavorava, quando fosse stato meglio. Albert ne era stato lieto e la prima visita non aveva tardato ad arrivare. In quell’occasione Terence gli aveva confidato che al College non aveva amici ma non aveva aggiunto altro di sé e Albert non aveva chiesto, aveva capito che qualcosa di profondo lo turbava. Terence amava stare allo Zoo e trascorrere il tempo a osservarlo mentre si prendeva cura degli animali. Ogni gesto di Albert era pieno di tenerezza, una carezza, quasi li abbracciava quando poteva, poggiando la sua guancia sopra le loro teste. Non aveva mai incontrato qualcuno come lui, così libero e si divertiva ascoltando gli aneddoti che gli raccontava sulla sua vita in America, perché Albert era americano. Ridevano molto insieme e per Terence erano momenti spensierati, quasi felici. Con lui poteva concedersi di essere limpido, se glielo avesse chiesto, Terence gli avrebbe raccontato la sua vita senza riserve.
Poi una domenica assolata era arrivata Candy con una piccola tartaruga in mano e aveva trovato Terence lì con lui. Era scappata dall’istituto perché Hughley, la tartaruga di Patty, non aveva più un posto dove stare e Candy sapeva che solo Albert avrebbe potuto prendersene cura. Albert era davvero felice che lei fosse lì, aspettava la sua visita ma non aveva idea che si fosse messa nei guai un’altra volta. Aveva saputo così che Candy e Terry si conoscevano e perché una sera di qualche settimana prima l’ aveva incontrata per caso mentre girovagava di notte in cerca di una farmacia…
Continua…