Qualcosa di semplice – FanFic ispirata a Final Story I capitolo

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Questa breve FanFic, scritta senza scopo di lucro, è liberamente ispirata al romanzo dell’autrice Keiko Nagita, Candy Candy Final Story. Una libera interpretazione i cui personaggio appartengono solo e unicamente alla sua autrice originale, Keiko Nagita. Basandomi sulle affermazioni della autrice, questo racconto non vuole essere un sequel.

Sono grata a Keiko Nagita per le emozioni che mi ha suscitato con il suo racconto, nella speranza che un giorno possa raccontarci ciò che ancora non conosciamo di questa storia e dei suoi personaggi, qualunque essa sia. Quella che io ho immaginato nella mia lettura è quella che segue. Nessun finale a sorpresa, ma quello che è sbocciato spontaneamente nel mio cuore. Grazie Nagita sensei!

Qualcosa di semplice

by October

Sir William: “Ogni storia d’amore merita di essere narrata e vissuta. Non so perché a volte si creino degli stereotipi sull’amore. La nostra è una storia di avventura e condivisione, di fiducia, del ritrovarsi e dello scoprirsi. Ma la nostra è anche una storia profondamente osteggiata.”
Intervistatore: Da chi? Dalla famiglia? Dal destino?
Sir William: “O no, dal destino proprio no! (sorride). I primi certo, alcuni non riescono proprio a rassegnarsi, ma indubbiamente la nostra storia è osteggiata da una parte della società che ama i pettegolezzi, dire cattiverie per il gusto di ripeterle. Ne abbiamo sentite tante negli anni, a dir la verità ora non ci facciamo più caso e a volte ne ridiamo. Ma provo anche tristezza, alcune persone sono prive di sincera affettività, piene di distruttività e penso anche infelicità. Così diverse dalla donna che amo… e che ho sposato. Che peccato.”
Chicago News Express – 1927: Una rara dichiarazione di William A. Ardlay

Scozia, primavera del 1937

William Albert Ardlay

Mi guardo alla specchio della toilette e mi scruto attentamente mentre asciugo le mani con una lavette in lino. Non è facile essere chi sono. Per diversi anni sono stato una persona qualunque, un vagabondo e fuggitivo, ma in realtà sono il diretto discendente di una antica e nobile famiglia di origini scozzese, un importante uomo d’affari; sono orfano da quando avevo 8 anni e ho ricevuto un’educazione molto rigida a causa delle responsabilità alle quali avrei dovuto assolvere.
Ma non me la prendo, anzi, io non potrei essere altri… Come è strana a volte la vita… è proprio per quell’educazione ferrea, quell’isolamento forzato e subìto che ho potuto creare un personaggio apparentemente in antitesi con me stesso e che si occupasse dei doveri ai quali doveva assolvere il capo di una illustre famiglia come la mia. Invisibile a tutti a quei tempi, cancellato dai ritratti e foto di famiglia. Tutto ciò aveva avuto l’effetto di farmi cercare quel vero me stesso senza darne conto ad alcuno.
A lungo sono stato anche un Principe… di un regno luminoso, pieno d’amore, di coraggio e di speranze, al suono di un campanellino.
Amo le mie origini e il ruolo che mi sono ritagliato nel mondo; la mia natura però mi porta a uscire fuori dai confini che il destino ha scelto per me. Credo nell’amore per il prossimo, nell’eguaglianza tra gli esseri umani. Cerco nella natura, con le sue foreste, i suoi laghi e fiumi e con i suoi fiori colorati e profumati, il senso della vita e l’amore per essa; amo lo ammetto, di un amore tenero gli animali, tutti, con cui condividiamo il nostro percorso in questa nostra terra. Loro non sono poi così diversi da noi ma sono più sinceri e generosi.
Viaggio per il mondo così il mio animo e le diverse sfaccettature della mia personalità.
Sono ricco sì, ma ho cercato comunque la mia strada e i vestiti di alta fattura mi stanno stretti, perché creano divisioni tra le persone, mentre invece ognuno di noi è un meraviglioso universo da scoprire. Non importa dove sei nato o quale sia il tuo cognome, non esistono caste o lignaggi, ma vali per ciò che abita il tuo cuore. Amo prendermi cura di chi soffre, la medicina infatti è una mia grande passione.
Sono un uomo colto, ho studiato nelle scuole più prestigiose in Inghilterra e nutro la stessa passione tramandata dalla mia famiglia per uno degli uomini più geniali e moderni del nostro millennio, William Shakespeare. Un nome importante sì!
E anche il mio primo nome, nonché quello di chi mi ha preceduto, William.
Di William in William, da generazioni e discendenza diretta, la mia famiglia tramanda la sua storia. Una storia che, ammetto, è molto poco conosciuta.
In tanti continuano a chiedermi chi io davvero sia, eppure a me sembra piuttosto chiaro: non sono il tipo che dà in pasto le sue emozioni al pubblico per soddisfare le curiosità altrui. Non apprezzo chi mi punta il dito contro; osservo, sorrido e taccio.
“Essere o non essere”? Cos’è più importante, l’apparenza o ciò che siamo davvero? Questi e molti altri quesiti hanno turbato la mia adolescenza, perché anche io intuivo che avere “tutto” non basta e per lungo tempo mi sono sentito insicuro. Per molte persone è più facile vivere nell’illusione, sentirsi protetti da ciò che si desidera sia. E io sono davvero bravo a far credere agli altri ciò che preferiscono conoscere. Sono diventato negli anni abile nell’arte dell’illusione… si, per permettere a chiunque di vivere la fantasia che più ama. Ho recitato gran parte della mia vita, ma non sono un attore, io sono tutti i miei personaggi, con gioia e a volte sofferenza… ma nella mia casa ora sono solo me stesso. Chi mi è accanto ed è sincero non fa fatica a leggere nel mio cuore.
W. Shakespeare, capace di mettere in scena un mondo a volte fantastico, ma così reale nelle sue emozioni e difetti, un mondo avvolto nell’illusione, tema a lui caro. Non è strano riuscire a parlare di autenticità attraverso l’illusione? Le cose non sono sempre quelle che sembrano… così come le parole, ma lo si scopre solo divenendo adulti e accettando la sfida di andare oltre ciò che conosciamo di noi stessi.
L’amore, cos’è l’amore? Non è la fusione di due identità, ma imparare a rispettare l’identità dell’altro e permettergli di essere se stesso. Ho imparato con l’esperienza che nulla vale più dell’amore e dell’amare.
Mia sorella Rosemary mi ha insegnato il valore della gentilezza, della semplicità e quanto coraggio ci dà guardare sempre al futuro, possibilmente con un sorriso. Con la sua forza mi ha insegnato ad amare e andare sempre avanti.
Eppure lo ammetto, c’è stato un tempo in cui ho desiderato illudermi di essere un Romeo, almeno per un’ora, mettere una maschera e ballare come uno spensierato studente di 17 anni che scopriva i suoi primi batticuori. La mia istruzione fino a quell’età era stata privata e anche al College non mi era concesso dire chi fossi, solo una maschera avrebbe potuto permettermi di dire la verità illudendo che mentissi.
Anni fa ho immaginato di realizzare una piccola fantasia, credevo di poter partecipare alla Festa di Maggio della Saint Paul School quando una certa persona mi aveva invitato e poi avvisato che non avrebbe più potuto parteciparvi. Ero rimasto senza parole…che delusione!
Aveva già un armadio pieno di abiti per quell’occasione, ma le inviai un regalo speciale.
Sapevo che Romeo e Giulietta era l’opera di Shakespeare che preferiva, per questo ho creduto di renderla felice nel mandarle quegli abiti ma, in quel palco improvvisato della festa non toccava a me salire, nemmeno per una veloce apparizione. Il mio posto era lì, dietro le quinte come sempre. La mia lei è speciale ma si metteva spesso nei guai. Perché è onesta. E devo ammettere che con il mio regalo quanto mai opportuno, superò ogni mia aspettativa! Avrei anche io voluto indossare quella maschera, per celare il mio viso al mondo, giusto per un ballo insieme, come Albert, come William.
La donna che amo conosce tutte le opere del Bardo e, senza saperlo, è proprio sui miei libri che le ha studiate, a Lakewood, innamorandosene. Quei libri di fattura pregiata, ereditati da mio padre, sono nella nostra casa, nel mio studio, ora sono nostri. Ma quella festa di maggio andò in modo molto diverso dalle aspettative, andò così come doveva andare.
Mi sono chiesto più volte cosa provassi per quella ragazza già allora. I suoi occhi verdi, il suo sorriso… non c’erano altre donne come lei nella famiglia Ardlay, lei mi emozionava e senza che saperlo mi portava già allora a migliorare me stesso. Desideravo renderla felice. È sempre stato così. Ma non permettevo a me stesso di capire quanti modi ci fossero affinché ciò potesse accadere.
Poi tante cose nel tempo sono cambiate. Oggi sono un uomo di quasi 50 anni, ma non sono così diverso da quando ci incontrammo la prima volta.
Avevo circa 17 anni e in preda alla collera ero scappato da Lakewood, mentre si svolgeva una festa di famiglia e io ero costretto all’isolamento, come sempre, nella mia camera. Mi era proibito avere contatti con i miei familiari. Guidando senza meta arrivai lì, in quella che mi apparve come la regina delle colline. Era la prima volta che vedevo un posto tanto bello e decisi di fermarmi e salire sull’altura. Era un giorno di primavera, il profumo che proveniva dall’erba era avvolgente e non potei fare a meno di sdraiarmici sopra. L’erba era di un verde acceso e tenera al tatto, brillante come il colore degli alberi che si stagliavano verso il cielo. I fiori iniziavano a sbocciare e con il loro delicato profumo coloravano anche l’aria. Mi ero messo a osservare il cielo azzurro; c’erano nuvole bianche che si rincorrevano. Ho pensato molto a me stesso e alla mia famiglia in quei minuti, quanti? Non saprei…e trovai una risposta: su quella collina ho capito come volevo vivere.

– Sir William, è ora di andare altrimenti faremo tardi.

Georges entra nell’ufficio dove mi appresto a sistemare gli ultimi documenti da riporre nella cassaforte, distogliendomi dai miei pensieri.

– Si certo, prepara la macchina, arrivo subito.

L’ufficio si trova all’interno di un grande appartamento privato, al primo piano di un elegante stabile nella via più facoltosa della città. La parte che riguarda il mio ufficio è suddivisa in due ambienti ampi: il primo è il salotto, arredato con un divano e due poltrone dallo stile moderno rivestite in velluto di color verde bottiglia. Posizionato al centro un tavolino basso dall’aria classica con le gambe arcuate, dove sono raccolti alcuni quotidiani. Accanto all’ampia finestra si trova un piccolo mobile bar con in vista una serie di bicchieri in cristallo ed un servizio da tè. Il secondo ambiente è proprio l’ufficio, dove è sistemata una grande scrivania in legno pregiato e alcune sedie rivestite dello stesso tessuto del divano. Entrambe le stanze sono tappezzate di librerie piene di ogni genere di libri e ho appeso alle pareti quadri raffiguranti i panorami che più amo, quelli naturali.
Dietro la mia scrivania è appeso il quadro principale della stanza, misura 180 x 80 cm. Raffigura un tramonto dai colori rossastri, un grande sole color arancio che si poggia sull’orizzonte della savana africana. Sullo sfondo appaiono gli animali che sembrano passeggiare sereni. Non posso fare a meno di sorridere quando li osservo e pensare alla mia piccola Poupe. Aprendo tutte le porte dell’ appartamento il quadro è visibile dall’ingresso principale all’inizio del corridoio; spicca sulla parete bianca ed emana un calore vibrante che raggiunge e rasserena chi lo osserva, è il preferito dei miei clienti.
A poca distanza dalla scrivania c’è un’altra piccola stanza con una cassaforte e diversi scaffali in legno scuro dove vengono catalogati molti fascicoli di lavoro. Al lato della finestra vicino alla mia scrivania invece, c’è un curioso disegno a matita al quale ho fatto una cornice in legno color verde menta. Rappresenta il viso di un uomo… sembra disegnato da una bambina invece che da una donna, è buffo e tenero ed è davvero qualcosa di prezioso per me.
Fuori dalla doppia porta in legno all’ingresso dell’ufficio si trova la segreteria e lungo il grande e largo corridoio affacciano tutte le altre stanze e i diversi uffici dei miei collaboratori. Sono appena rientrato da un viaggio e non desidero altro che tornare a casa. Domani sarà una giornata importante. Chiudo l’ufficio e metto le chiavi nella valigetta. Scendo le scale velocemente e raggiungendo la macchina, salgo buttandomi quasi di peso sul sedile posteriore. L’auto sobbalza. Georges mi guarda dallo specchietto retrovisore mentre mi slego la cravatta. Mi sento teso. Lui mi conosce bene e sapeva che non vedevo l’ora di cambiarmi d’abito e togliermi di dosso il peso di una responsabilità che a volte mi frustra.

– Tutto bene Sir William? – chiede dopo alcuni minuti di viaggio.
Siamo velocemente arrivati in aperta campagna lasciandoci dietro la città. Tengo il finestrino leggermente abbassato. La primavera era agli inizi e i campi si erano riempiti di erba fresca, primule, bluebells e narcisi. I raggi obliqui del sole che inizia a tramontare sembrano farli brillare di una luce dorata. Il loro profumo si mischiava nell’aria e mi aiuta a rilassarmi.

– Sono felice di poter andare a casa – rispondo.

Una veloce ombra però ha attraversato i miei occhi. Il viaggio d’affari non è andato come desideravo e dall’America non arrivavano le notizie sperate. Chiudo gli occhi e rimango in silenzio. Il sole oramai basso, inizia a tingere le nuvole di un giallo acceso. La campagna scozzese continua a scorrere lentamente attraverso il finestrino semiaperto. Faccio un respiro profondo; l’odore dell’erba è così intenso dopo la leggera pioggia di poco fa che spontaneamente riapro gli occhi riempiendomi lo sguardo del colore verde smeraldo di quella distesa morbida e ondulata. Finalmente sento il mio corpo cedere alla stanchezza. Il verde… era il colore che le donava di più. Il colore dei suoi occhi. Sorrido pensando a lei e finalmente lascio dietro la porta dell’ufficio tutti i problemi di quei giorni. Che voglia di partire! Non condivido il cinismo e la spregiudicatezza di molti uomini d’affari che sono costretto ad incontrare. Se avessi potuto avrei preferito immergermi nuovamente in un viaggio per aiutare chi ha davvero bisogno del mio impegno e della mia dedizione. Insieme a lei. Ma non era quello il momento per una nuova avventura. Ero stato costretto ad allontanarmi da casa lasciandola sola qualche giorno, degli affari a Londra e poi avevo concluso i miei impegni ad Edimburgo. Mi angosciava fosse capitato in un momento di grande preoccupazione per tutti noi. Alzo lo sguardo verso lo specchietto e incrocio gli occhi di Georges:

– Georges, tu mi devi svelare una cosa…
– Di cosa parla Sir William? – sorride sapendo già quale fosse la risposta.
– Questo posto ricorda molto Lakewood… non trovi?
– Non credo sia un caso Sir William che la sua famiglia abbia scelto un luogo in America dove costruire una casa che tanto gli ricordasse il luogo da cui erano partiti.

Georges mi scruta dallo specchietto e noto un sorriso vagamente beffardo sul suo volto, ma non mi lascio intimorire.
Giochiamo spesso su quell’argomento, ma il mio interesse è sempre stato altro; Georges non mi ha mai voluto rivelare cosa Candy gli aveva confidato quando la aveva accompagnata alla Casa di Pony da Lakewood, dopo che aveva scoperto che io ero il prozio William… il suo benefattore, il capofamiglia. Quando accenniamo a quell’argomento nessuno di noi due finisce con l’essere davvero sincero. Io continuo a prenderla in giro ogni volta che mi chiede quali fossero i miei sentimenti durante la nostra convivenza a Chicago… rido e lei sbuffa contrariata…

– Sai bene a cosa mi riferisco – lo incalzo.
– Mi spiace Sir William, ma non rischierei mai una vendetta della Signora Ardlay.
Rido di cuore alla sua risposta. Chi meglio di me può capirlo?
– Però tu, allora, mi tradisti rivelando dove si trovasse il prozio William!
Gli rispondo fintamente piccato. Georges sbuffa bonariamente scuotendo la testa:
– Proprio così Signor Ardlay! Intende dirmi che fu un errore? – risponde imponendosi di non mostrare alcuna emozione.
Rido ancora. Non ho speranza nemmeno con lui! Osservo le nuvole che iniziano a tingersi di arancio e viola e in un attimo la mia mente torna nuovamente a Lakewood… il giorno in cui lei scoprì il mio vero nome.

Continua…

Qualcosa di semplice II capitolo

Foto di Paul_Mcgregor su flickr; Avon River – Scotland

2 pensieri su “Qualcosa di semplice – FanFic ispirata a Final Story I capitolo

  1. cinziamask

    Complimenti October!
    Questo primo capitolo della tua storia mi piace molto. Hai saputo dipingere un Albert convincente, molto vicino al personaggio originale.
    Mi piace il riferimento a come la campagna scozzese gli ricordi Lakewood. Credo anch’io che gli Ardaly abbiano scelto Lakewood perchè gli ricordava il luogo da cui provenivano ed essendo una famiglia scozzese, è credibile che la località di vacanza della famiglia negli Stati Uniti, la loro patria d’adozione, assomigli molto alla loro terra di origine.
    I riferimenti Shakespeariani pure mi sono piaciuti, non faccio fatica a credere che una persona colta come lui possegga l’opera completa del bardo e ho maturato la convinzione che Albert sia nella storia di Candy, lui stesso, come Shakespeare, ossia il deus ex machina che, come il più abile dei drammaturghi, plasma la vita della protagonista fin dal primo momento in cui le loro strade si incrociano e i fili invisibili delle loro esistenze si intrecciano. Tutto questo lo sto ritrovando nel tuo racconto ed è molto bello e mi invoglia a proseguire nella lettura.
    grazie e alla prossima

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    1. Carissima Cinzia, grazie per il tuo commento! Hai colto nel segno, Albert da quando salva Candy nella cascata diventa il regista della storia, piuttosto misterioso poi come lo stesso personaggio di Shakespeare di cui ancora non ne conosciamo la vera identità… Anche se causa non volutamente la maggior parte degli eventi che si presenteranno, dove poi sempre il destino ci metterà il suo, altri eventi invece li provoca, come Rockstown ad esempio o la possibilità di Candy di partecipare alla festa di maggio, senza certo sapere come andrà a finire… Io in lui percepisco in queste azioni sempre un interesse particolare, non fine a se stesso ma in cui è coinvolto. Ancora grazie e alla prossima! xoxo

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